Benvenuto Autunno! La stagione della vendemmia, delle caldarroste, dei porcini… e del tartufo! Dalle origini antichissime, era noto e consumato già in epoca romana: si pensava che il tartufo non fosse altro che il punto esatto dove un iracondo Giove avesse scagliato un fulmine. Ed in effetti, i tartufi si trovano molto spesso alle pendici di grandi alberi, fra i quali anche le querce, che spesso vengono colpite dai fulmini. 

Ed il suo presunto potere afrodisiaco? Sempre legato alla mitologia. Pare che, nascendo dalle mani di Giove, padre degli dei e dotato di una libido senza limiti, il tartufo ne abbia ereditato anche il potenziale erotico… Curiosi di saperne qualcosa di più? 

Un fungo sotterraneo 

La prima cosa da sapere è che il tartufo non è altro che il corpo carnoso di un fungo ipogeo (ossia, che cresce sotto terra). La particolarità di questi funghi è proprio quella di produrre dei corpi carnosi, i tartufi appunto, utili a diffondere le proprie spore e a riprodursi. Ma come? Come tutti sappiamo, i tartufi, una volta maturi, odorano di un profumo intenso e penetrante capace di superare il terreno e attirare degli animali selvatici: sono proprio loro che, nutrendosene, spargono le spore e consentono così la riproduzione.

E l’intensa e inconfondibile odorazione? È dovuta alla presenza di numerose colonie di batteri: queste producono bismetiltiometano e dimetilsolfuro, sostanze idrocarburiche responsabili del caratteristico “profumo di tartufo”. 

Un rapporto molto speciale

Come tutti i funghi, il tartufo è eterotrofo, ciò significa che non è in grado di produrre autonomamente le sostanze nutritive di cui necessita. Per questo motivo, il tartufo ricerca sempre un “compagno” con il quale instaurare un rapporto inossidabile, in completa simbiosi, con lo scopo di acquisire le sostanze mancanti. Di solito parliamo di grandi alberi, ed è per questo motivo che lo si trova alle loro pendici, a livello dell’apparato radicale, dove si consuma l’equo scambio: il tartufo assorbe gli zuccheri necessari ad accrescersi ed, in cambio, cede alla pianta acqua e sali minerali. I simbionti preferiti dai tartufi sono per lo più querce, lecci, carpini, tigli e pioppi, ma in realtà le specie coinvolte sono numerosissime e coinvolgono sia latifoglie che conifere. 

Tartufi esigenti 

Che si tratti di un prodotto ricercato, è noto ai più. Ma che sia pure esigente (in termini ambientali), forse questa è una novità: infatti la preziosa pepita non è in grado di tollerare l’inquinamento ambientale e pertanto è praticamente inutile ricercarlo in zone contaminate o insalubri.

Il tartufo veste quindi i panni di una vera e propria sentinella della natura ed è capace di costringere l’uomo a seguire percorsi eco-sostenibili, se ancora desideroso e volenteroso di assaporarlo. 

 

Tempo e pazienza: le due doti per coltivare tartufi 

Coltivare tartufi? “Yes, we can!” Anche l’Unione Europea finanzia la posa in opere di tartufaie, dopo aver riconosciuto da qualche anno il tartufo come prodotto agricolo.  Per chi fosse interessato, è possibile impiantare un bosco in zone marginali, a rischio erosione, contribuendo (fra l’altro) a contenere il dissesto idrogeologico. Ma occorre prima verificare la qualità del terreno, evitando quelli paludosi, quelli sopra i 1000mt di altitudine e quelli sabbiosi e soprattutto avere la sapienza di attendere: i primi tartufi arriveranno almeno un decennio dopo

Le caratteristiche nutrizionali 

Il tartufo è costituito essenzialmente da acqua e fibre. A seguire, ci sono poi in quantità minime di proteine e lipidi, mentre per quanto riguarda i sali minerali e le vitamine (in particolare C e quelle del gruppo B) non risultano essere così presenti da venir considerati significativi. Sostanzialmente, possiamo quindi stabilire che il tartufo non apporta integrazioni degne di nota nella nostra dieta, vista la minima quantità consumata con una pietanza, ma sicuramente ci regala moltissime soddisfazioni a livello di gusto e sapore! 

Ad ogni stagione, il suo tartufo 

In natura esistono moltissime varietà di tartufo: le specie classificate sono infatti quasi un centinaio, anche se solo nove sono considerate commestibili, ma solamente sei mostrano interesse a livello commerciale. Purtroppo, la maggior parte delle specie sono tossiche o caratterizzate da proprietà organolettiche che non sono apprezzabili in cucina. 

Il Tartufo bianco pregiato, il tartufo per eccellenza, viene tradizionalmente raccolto con l’avvento della stagione autunnale; anche il meno noto, ma comunque apprezzato, Tartufo nero liscio viene raccolto nello stesso periodo. Tipicamente invernali sono invece il Tartufo nero pregiato, secondo per notorietà solo al Tartufo bianco pregiato, ed il Tartufo nero invernale. Amante delle piogge primaverili è invece il Tartufo Bianchetto, seguito a ruota dal Tartufo nero estivo (o Scorzone) che, come ci suggerisce il nome, si raccoglie in piena estate. 

Alba, Acqualagna e Norcia: gli itinerari del gusto

In Piemonte, più precisamente ad Alba, il tartufo non è solamente un fungo, ma una vera e propria istituzione, tant’è che la cittadina è nota come la patria del Tartufo bianco pregiato. Una misura della loro dedizione? La fiera internazionale del Tartufo d’Alba, che quest’anno giunge alle 91° edizione. 

Se ci spostiamo nelle Marche, impossibile non parlare del comune di Acqualagna noto come Capitale del “Tartufo fresco tutto l’anno”, perché vanta una raccolta territoriale così diversificata nelle nove tipologie di tartufo esistenti e ben tre fiere nazionali e regionali dedicate al Tartufo bianco, al Tartufo nero pregiato e al Tartufo nero estivo.

Ed infine Norcia, perla umbra, culla di note tipicità italiane come le lenticchie ed il prosciutto e conosciuta per esser anche terra riccamente contaminata di tartufi, fra i quali il Tartufo nero pregiato. 

Qui si conclude il nostro viaggio alla scoperta del tartufo, ma siamo sicuri che a voi è venuta voglia di partire, non è vero?