Acquistare un prodotto privo di difetti nell’aspetto e gradevole da un punto di vista sensoriale, è il requisito minimo per una pasta di qualità.

In un articolo precedente, abbiamo ricordato come il profilo qualitativo sia determinato anzitutto dalla scelta della materia prima (corrispondente ad un elevato contenuto di proteine nella tabella dei valori nutrizionali), ma siano poi anche le tecnologie di produzione a fare la differenza.In questo articolo vi aiuteremo a comprendere e distinguere un paio dei più comuni riferimenti presenti in etichetta.

“Trafilata al bronzo”:cosa si intende e cosa implica?

Sempre più diffusa in etichetta è la dicitura “pasta trafilata al bronzo” che, nell’immaginario collettivo, è diventata ormai sinonimo di tradizione e qualità. È davvero così?

Nella produzione di pasta secca, l’impasto, una volta ultimato, viene compresso e trafilato.

In parole semplici, l’impasto viene fatto passare, tramite un movimento a spirale, attraverso una macchina che si compone di un cilindro al cui interno si trova una vite senza fine, per poi essere convogliato ad una testata dove è presente la “trafila: un piatto forato del formato che si vuole dare alla pasta. Dopodiché, una serie di lame rotanti o coltelli sono deputati al taglio della pasta.

Le trafile possono essere fatte di diverso materiale, ed è proprio quest’ultimo ad incidere notevolmente sulla qualità della pasta. Quelle più diffuse e utilizzate in commercio sono le trafile in bronzoquelle in  teflon.

Tra le caratteristiche distintive di una trafilatura in bronzo:

– al tatto, la pasta acquisisce un’evidente ruvidità e porosità, caratteristica fondamentale che le permette di trattenere in maniera ottimale sughi e condimenti perché l’impasto, venendo a contatto con questa trafila, subisce delle piccole abrasioni superficiali;
– la pasta si presenta essenzialmente di colore opaco, non deciso, anche nei formati colorati. Le trafile al teflon, invece, portano ad ottenere una pasta standard, dall’aspetto liscio e brillante;
– le trafile in bronzo sono più costose rispetto alle trafile in teflon, perché si usurano molto più velocemente e, per questo, devono essere sostituite più frequentemente, altrimenti potrebbero iniziare a rilasciare dei residui all’interno del prodotto finito che devono necessariamente essere assenti.

Da un punto di vista nutrizionale, la pasta trafilata al bronzo, necessitando di una lavorazione più “stressante” rispetto alla trafila di teflon, richiede una semola con una quantità maggiore di proteine (quindi di qualità più elevata). Garantisce, pertanto, un prodotto qualitativamente superiore.

Essiccazione “lenta” o “a bassa temperatura”

I più attenti, avranno notato su alcune confezioni le diciture “a lenta essiccazione” o “a lenta lavorazione”, che sembrano richiamare ad un processo di origini antiche o artigianale.

Nella pratica, tale dicitura fa riferimento alla fase di essiccazione della pasta, che segue la trafilatura, e può avvenire ad alte temperature o a basse temperature (appunto la “lenta essiccazione”).

Le essiccazioni ad alta e altissima temperatura

Le essiccazioni ad alta e altissima temperatura vengono generalmente impiegate con l’intenzione di ovviare al ridotto tenore proteico di semole mediocri, oltre che consentire di abbattere i tempi ed i costi di lavorazione. Infatti, quando si impiegano farine di bassa qualità (contenenti poche proteine del glutine), l’essiccazione ad alta temperatura consente di accelerare i fenomeni di coagulazione proteica e favorire la ritenzione dei granuli di amido durante la cottura, evitando di ottenere paste “molli e scotte”. Inoltre, le alte temperature inducono la reazione di Maillard che, coinvolgendo gli amminoacidi, può portare anche alla perdita di alcuni aminoacidi essenziali, come la lisina. Lo stesso accade per alcune vitamine del gruppo B.
Si otterranno, dunque, paste con un peggior profilo nutrizionale.

Le essiccazioni a bassa temperatura

Dall’altra parte, invece, essiccare la pasta a bassa temperatura, per tempi più lunghi (“essiccazione lenta”), permette di ottenere una pasta caratterizzata da un miglior profilo nutrizionale ed una migliore digeribilità, ma richiede di partire da semole di elevata qualità per ottenere dei buoni risultati per la “tenuta in cottura”.

Ricapitolando, una essiccazione “lenta” o “a bassa temperatura” garantirebbe un prodotto di qualità superiore, ma sussistono alcuni aspetti controversi dal punto di vista commerciale. Infatti, tale indicazione non è normata per legge in termini di tempo  e di temperatura, risultando quindi uno strumento sfruttabile dalle aziende in termini di marketing.

Cosa guardare al supermercato per scegliere una pasta di qualità?

I parametri per poter giudicare la qualità di una pasta sono molteplici, ma non tutti balzano all’occhio semplicemente osservandone l’etichetta. Alla luce di quanto detto in questi due articoli, gli aspetti da considerare per essere certi di avere a che fare con un prodotto di qualità elevata, pertanto, sono:

– scegliere una pasta trafilata al bronzo (o con altri materiali, come ad esempio l’oro);
– scegliere una pasta ottenuta tramite una materia prima ottimale, ossia da una semola ad alto contenuto proteico, non necessariamente italiana. In questo caso, basterà fare caso alla combinazione prezzo-contenuto di proteine per poterne valutare immediatamente la qualità.

 

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