Dopo aver concluso una piacevole serata trascorsa in un buon ristorante, i nostri ricordi spesso ritornano sulle varie bontà che abbiamo appena assaporato. Spesso conosciamo i piatti che ordiniamo, tuttavia non sempre abbiamo piena coscienza di come sia possibile che abbiano un sapore migliore di quello che comunemente prepariamo a casa. Questo, ci può portare al desiderio di comprendere le basi di una ricetta, per poi cimentarci nel riproporla in una serata speciale con amici e parenti.

Ogni persona professionale o meno che sia e che ha a cuore la buona cucina, comincia il suo viaggio culinario da una delle basi principali della gastronomia: il mirepoix. Ma di preciso, siete sicuri di sapere che cos’è? Scopriamolo insieme.

Origine e preparazione

Il mirepoix è l’l’antenato del soffritto e deve il suo nome ad una ricetta composta da verdura e carne, inventata dal duca Lévis-Mirepoix. Con questo termine tecnico francese, si indica un trito finissimo di verdure: cipolla, sedano, carota, aglio e prezzemolo. Può essere usato crudo, saltato con un grasso oppure arrostito.

La ricetta originale prevedeva una discreta quantità di carne e verdure. In origine, era un modo per riciclare i ritagli di carne e gli scarti di altre preparazioni. Con il tempo, tuttavia, acquistò tutta la dignità di una preparazione “classica”, semplice e ben bilanciata.

Seguendo l’evoluzione del mirepoix, si arriva al ‘900, ad una prima distinzione fondamentale di due procedimenti di preparazione:

  • Il mirepoix au maigre: composto da sole verdure. Questa è ottima da utilizzare nelle preparazioni a base di crostacei o pesce;
  • Il mirepoix au gras: è un composto misto di verdure e carne, solitamente di maiale come pancetta, prosciutto o lardo. Quest’ultima trova impiego per insaporire e donare una maggiore fragranza alla preparazione di piatti a base di carne con sapori decisi e riconoscibili fin da subito dal loro profumo   come il ragù, lo spezzatino, l’amatriciana e addirittura nel brodo e così via.

Con una cottura lenta, le giuste proporzioni (2:1:1 di cipolla, carota e sedano), e le corrette dimensioni di taglio (di circa 5-6 millimetri di spessore per lato) questa base è diventata indispensabile in quasi tutte le cucine mondiali. All’occorrenza però, ha subito delle piccole modifiche per adattarsi meglio al palato dei diversi commensali.

 

mirepoix

 

Varianti ed evoluzioni del mirepoix

Un esempio virtuoso di queste migliorie è rappresentato dai francesi immigrati in Louisiana che hanno dato vita alla Trinità Santa: sedano, cipolla e peperone verde conditi con qualche goccia di succo di limone. Questo mix è da proporre assolutamente in un aperitivo estivo sopra a delle fette di pane caldo appena tostato. In Polonia, invece, ai tre prodotti principali viene aggiunto del cavolo cappuccio, ingrediente ben conosciuto e apprezzato in molteplici ricette della gastronomia locale. Infine, il mirepoix portoghese, che prende il nome di refogado, è composto da una base di cipolla, pomodoro fresco e aglio. È ideale per spezzatini, brasati o zuppe.

In Italia, viene così definito:

soffritto /sof·frìt·to/ aggettivo e sostantivo maschile – 1. (aggettivo) Di vivanda o condimento cotto lentamente in olio o grasso bollente. 2. (sostantivo maschile) Battuto di cipolla, sedano, carote e prezzemolo, talvolta con lardo o pancetta o prosciutto. Rosolato a fuoco lento per preparare condimenti o per cuocervi vivande.

Dal termine “soffritto” si capisce fin da subito che il mirepoix viene fatto friggere in maniera soffice e delicata su un letto di grasso come l’olio extravergine d’oliva.

Il mix di odori che questa preparazione così semplice emana ogni volta che viene preparata, rimanda in maniera inequivocabile ad un classico convivio domenicale a casa della nonna.

Ed è proprio qui che questa antica ricetta, tramandata di generazioni in generazioni, ci lascia incantati e ci permette di capire l’importanza di conoscere la storia che ogni grande ingrediente possiede.

Se non sai come utilizzare le bucce delle verdure e i resti vegetali, leggi l’articolo: “Bucce degli alimenti: lo scarto che fa bene