Cappelletti e tortellini: chi nasce in Emilia Romagna ben sa che quando si parla di pasta fresca ripiena non bisogna scherzare. La regione è da sempre nota per la sapiente capacità di confezionare vere e proprie opere d’arte composte di pasta all’uovo ed il merito è da attribuirsi a quelle che vengono chiamate in dialetto le rezdore, ossia “le donne di casa” (anche se il termine può risultare addirittura riduttivo).

Un tempo, erano coloro che garantivano il sostentamento all’interno dell’ambito familiare, invece ora, si vanno ad identificare tutte quelle signore appassionate e dedite alla cucina tipica e quindi, se si è particolarmente fortunati, una rezdora, ce la si può trovare tranquillamente in casa!

Da una fontanella di farina e un paio di uova, nascono così tanti piccoli scrigni, capaci di racchiudere al loro interno un’infinità di ripieni e di raccontare la storia del proprio territorio. Ora che avete l’acquolina in bocca, siete curiosi di saperne qualcosa di più?

Cappelletti e Tortellini: fraterni rivali

Come abbiamo citato all’inizio, non c’è nulla che tenga di fronte a due emiliani che discutono se sia più buono un tortellino o un cappelletto: dalle origini alla forma, fino a giungere al ripieno, benché si somiglino molto, raccontano in realtà due storie differenti, scopriamole insieme.

Le origini

Dov’è nato il primo tortellino? Nella disputa fra le grandi città di Modena e Bologna si intromette Castelfranco Emilia, una cittadina situata esattamente fra le due province e nota proprio perché “culla” dei tortellini.

A contendersi le origini del cappelletto abbiamo invece l’intera regione: in Romagna, infatti, i cappelletti ripieni di formaggio sono considerati un classico piatto tipico, ma è nelle province di Ferrara e Reggio Emilia che troviamo la versione col ripieno di carne, versione oggetto di rivalità con il tortellino.

La forma

Se pensate che un tortellino e un cappelletto abbiano la stessa forma, beh, vi sbagliate di grosso!

 Sulla forma del tortellino si è scritto di tutto, scomodando persino le divinità greche e rendendo le sue origini ancor più mistiche.

Si narra che in piena epoca Medievale, giunse, proprio a Castelfranco, una Marchesina intenta a trovar ristoro nella locanda del paese, la Locanda Corona. Il locandiere, rapito dalla sua bellezza, accompagnandola nelle sue stanze, non riuscì a trattenersi nello spiarla… tant’è che rimase letteralmente folgorato dalla forma del suo ombelico! Decise così di riprodurlo nella sfoglia e riempirlo con una farcia di carne, morbida e avvolgente come il corpo sinuoso della Marchesina.

I più attenti rivedono in questa versione una reinterpretazione  del poemetto ottocentesco di Giuseppe Ceri – a sua volta ispiratosi al poema de “La Secchia rapita” del Tassoni – che narra della storica rivalità tra le cittadine emiliane di Modena e Bologna e della spedizione terrena delle tre divinità Marte, Bacco e Venere per dar supporto ai modenesi. Si narra che dopo la battaglia, le divinità trovarono ristoro alla Locanda Corona e, quando il giorno successivo Venere, rimasta sola, chiamò l’oste… “E l’oste, che era guercio e bolognese, / imitando di Venere il bellico / e con capponi e starne e quel buon vino / l’arte di fare il tortellino apprese”, scrisse il Ceri.

Del cappelletto, invece, non sono pervenute a noi origini altrettanto leggendarie e la sua forma è da attribuirsi semplicemente alla forma dei cappelli che venivano indossati in epoca medievale.

Ulteriori differenze sono: la sfoglia più spessa nel cappelletto e la dimensione più ridotta nel tortellino.

Il ripieno

Se alla vista non notate grandi differenze, sicuramente le noterete al palato. Per la preparazione della farcia per i tortellini si fa fede a quanto depositato alla Camera di Commercio di Bologna, il 7 dicembre 1974, dalla Dotta Confraternita del Tortellino. La ricetta originale infatti prevede: lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, Parmigiano Reggiano, uova e noce moscata.

Il ripieno dei cappelletti (reggiani e ferraresi ndr) prevede invece un frullato di carni bovine o suine, le uova e verdure varie. Per quelli romagnoli, invece, il ripieno (detto “compenso”) è a base di ricotta, a cui si possono aggiungere altri formaggi teneri, come la caciotta o il raviggiolo, formaggio tipico dell’Appennino tosco-romagnolo, l’immancabile Parmigiano Reggiano grattugiato, la noce moscata, le uova e, in alcune zone, anche la scorza di limone.

Insomma, che vengano gustati asciutti (con la panna o con il ragù) o tuffati nel brodo di cappone o gallina, in realtà che siano tortellini o cappelletti poco importa, perché serviti a tavola regalano un clima di festa e di familiarità che porta a viaggiare indietro nel tempo e se poi sono accompagnati da un buon bicchiere di Lambrusco o Sangiovese… dobbiamo aggiungere altro?

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