“Light” e “a ridotto contenuto di…” è sempre meglio?

Quando un consumatore attento alla propria salute e alimentazione si reca al supermercato e va incontro al paradosso della troppa scelta è probabile che, a parità di altre caratteristiche, sia attratto da prodotti che riportano claims nutrizionali.

I claims attestano che un alimento possiede particolari proprietà nutrizionali, attribuibili al quantitativo di energia che apporta o alle sostanze nutritive (proteine, carboidrati, grassi, fibre, sodio, vitamine e minerali) o di altro tipo che contiene. Quelli riconosciuti a livello comunitario sono 24 e sono stati individuati sulla base di un processo di selezione condotto dalla Commissione Europea in collaborazione con l’EFSA.

Un termine che ricorre spesso nella ricerca di prodotti alimentari/piatti/ricette è “light”. Nei supermercati ormai spopola dal burro, ai biscotti, ai grissini.

Cosa significa per la normativa comunitaria quest’aggettivo? L’indicazione che un prodotto è “leggero” o “light” – e ogni indicazione che può avere lo stesso significato per il consumatore – sono soggette alle stesse condizioni previste per il termine “ridotto”.

A ridotto contenuto di / a tasso ridotto ..

  • Calorie: se il valore energeticoridotto di almeno il 30%, con specificazione delle caratteristiche che provocano una riduzione nel valore energetico totale dell’alimento.
  • Sostanza/e nutritiva/e: se la riduzione del contenuto è pari ad almeno il 30% rispetto a un prodotto simile, ad eccezione dei micronutrienti, per i quali è accettabile una differenza del 10% nei valori di riferimento, e del sodio per i quali è accettabile una differenza del 25%.
“Light” e “a ridotto contenuto di…” è sempre meglio
“Light” e “a ridotto contenuto di…” è sempre meglio?

A basso contenuto di..

  • Calorie: se il prodotto contiene non più̀ di 40 kcal/100 g per i solidi o più di 20 kcal/100 ml per i liquidi;
  • Grassi: se il prodotto contiene non più di 3g di grassi per 100 g per i solidi o 1,5 g di grassi per 100 ml per i liquidi (1,8 g di grassi per 100 ml nel caso del latte parzialmente scremato);
  • Grassi saturi: se la somma degli acidi grassi saturi e trans contenuti nel prodotto non supera 1,5 g/100 g per i solidi o 0,75 g/100 ml per i liquidi; la somma degli acidi grassi saturi e acidi grassi trans non può corrispondere a più del 10% dell’apporto energetico;
  • Zuccheri: se il prodotto contiene non più di 5 g di zuccheri per 100 g per i solidi o 2,5 g di zuccheri per 100 ml per i liquidi;
  • Sodio/sale: se il prodotto contiene non più di 0,12 g di sodio, o un valore equivalente di sale, per 100 g.
“Light” e “a ridotto contenuto di…” è sempre meglio?

Apparentemente potrebbe sembrare sempre vantaggioso l’acquisto di questi prodotti, ma è importante chiedersi quali componenti alimentari coinvolgono gli “alleggerimenti” effettuati e con cosa vengono sostituiti. In genere si tratta di una riduzione del contenuto di zucchero, sostituito con dolcificanti acalorici o a basso tenore calorico, e di una riduzione del contenuto di grassi.

Queste modifiche dei valori nutrizionali di alcuni alimenti comunemente consumati sono senza dubbio positive per il consumatore dal punto di vista della composizione nutrizionale della dieta, soprattutto quando a essere ridotto è l’apporto di grassi saturi e/o colesterolo e/o zuccheri.

Un’importante considerazione sono gli effetti sulla proprietà saziante degli alimenti “light”: i grassi sono un nutriente che richiede tempi digestivi e assorbitivi e dà segnali ormonali tali da favorire un più prolungato senso di sazietà.

Tuttavia la consapevolezza di stare consumando un prodotto “light” può facilmente indurre ad adottare atteggiamenti compensatori, cioè a concedersi un quantitativo maggiore rispetto quanto si consumerebbe dell’alimento in versione “full” oppure ad aumentare l’intake di altri alimenti, “tanto è light”, vanificando così i tutti i possibili vantaggi.

Come scegliere un tonno più sostenibile