I prodotti biologici sono ormai parte della nostra quotidianità: dalla bottega sotto casa al supermercato ci imbattiamo in un’ ampia varietà di prodotti che riportano questa dicitura, siano essi alimentari e non.

Quando si parla di biologico, infatti, si ha a che fare con uno dei più promettenti comparti produttivi del momento, capace di contare, al 2019, un fatturato di 40,7 miliardi nella sola Europa e che vede coinvolti ben 330mila produttori.

A tal proposito, la prima cosa che dobbiamo sapere è che tutto ciò che riguarda le produzioni biologiche è disciplinato da una stringente e rigorosa normativa europea. Il primo regolamento in materia risale agli anni Novanta, ma è con il 2007 che si ha l’emanazione di un primo regolamento e, a ruota, di un secondo regolamento, dal taglio più applicativo. Con l’anno corrente è entrato in vigore un nuovo regolamento che abroga e sostituisce i precedenti. [1]

Le produzioni biologiche

Non tutti sanno che le produzioni biologiche si distinguono in:

  • Agricole: dedite alla produzione vegetale.
  • Zootecniche: dedite alla produzione animale e derivati.

Ma a differenza di quanto accade nelle pratiche convenzionali, queste sono strettamente collegate fra loro: nelle produzioni biologiche, infatti, è espressamente vietata la produzione animale cd. “senza terra”, ovvero quella in cui l’allevatore dispone solo di strutture destinate all’allevamento, tipica degli allevamenti intensivi. E’ richiesta sempre, invece, la gestione di terre ad uso agricolo o il ricorso a forme di cooperazione con altri produttori. Di fatto, tramite questi accordi i produttori agricoli cedono parte delle loro produzioni, utili all’alimentazione degli animali, ed in cambio ricevono una quantità di reflui zootecnici, superflui per l’allevatore, ma necessari per la concimazione dei campi, in una logica di economia circolare.

La normativa, inoltre, stabilisce il numero massimo di animali che è possibile allevare in rapporto alla superficie agricola utilizzata (SAU)[1]. Questa previsione serve a garantire un equilibrio fondamentale affinchè sia rispettata l’eco-sostenibilità del processo: un’elevata densità di animali, infatti, potrebbe avere un impatto negativo sia sul loro benessere che a livello di impatto ambientale.

La zootecnia biologica

A questo punto, passiamo ad approfondire gli aspetti principali della zootecnia biologica (o allevamento biologico). Con la zootecnia biologica si intende promuovere un sistema produttivo che sia rispettoso dell’animale, dell’ambiente e del consumatore. Analizziamoli nel dettaglio!

Animali

prodotti biologici

È necessario che la scelta delle razze, si parli di bovini, ovini, suini o volatili, tenga conto della capacità di adattamento degli animali alle condizioni locali, della vitalità e della resistenza alle malattie, andando ad incoraggiare la diversità biologica e ricorrendo a razze storiche o migliorate (TGA, tipo genetico autoctono ndr).

Tutto questo perché la filiera del biologico aspira, dove possibile, alla tutela della tradizionalità: recuperare razze storiche o autoctone, da tempo sostituite con ibridi (nelle pratiche convenzionali) per via della maggiore redditività in termini di resa, significa preservare patrimoni genetici antichi ed, al contempo, tenere vive le tradizioni legate alla produzione ed al consumo dei loro prodotti.

L’allevamento biologico deve anche garantire le esigenze comportamentali specifiche degli animali, per questo i suini dovranno avere la libertà di grufolare e muoversi; ai volatili, invece, si dovrà scongiurare un accrescimento troppo veloce, tipico di alcune razze.

Altro tema, l’alimentazione degli animali che deve essere ottenuta conformemente alle norme dell’agricoltura biologica, proveniente preferibilmente dall’azienda dell’allevatore o dalla cooperativa di appartenenza, ed adeguata ai bisogni fisiologici.

Vietato anche l’utilizzo di OGM (organismi geneticamente modificati) nell’alimentazione degli animali, in quanto non considerati congrui all’etica del biologico.

Ultima considerazione, ma non meno importante, il divieto di somministrare medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica: il loro utilizzo deve rappresentare un’eccezione e deve essere limitato allo stretto indispensabile.

Ambiente

La normativa non tiene in considerazione solamente gli aspetti legati al benessere animale, ma tiene anche in considerazione l’equilibrio tra terra, produzioni vegetali e animali unitamente ad altri fattori quali la disponibilità degli alimenti, le condizioni igieniche, i fattori climatici.

Stabilire che vi sia un filo rosso che collega il biologico alla sostenibilità ambientale non è affatto inverosimile: la capacità di aumentare la sostanza organica e la fertilità dei suoli, di conservare la biodiversità e di ridurre l’uso di prodotti agrochimici, anche indirettamente attraverso il ricorso ad un’alimentazione biologica degli animali, sono tutti fattori che indicano l’alto grado di sostenibilità del processo.

D’altro canto, è altrettanto vero che il biologico non risulta essere particolarmente sostenibile se, come parametro, viene considerata la resa: producendo mediamente dall’8 al 25% in meno rispetto alle pratiche convenzionali si rischierebbe di gravare sulla disponibilità degli approvvigionamenti, a meno ché, alla conversione in produzione biologica, non corrispondesse un aumento consistente di superficie agricola utilizzabile ed una rilevante diminuzione degli sprechi alimentari.

Consumatore

Scegliere biologico significa abbracciare valori etici e ideologici, ma anche consumare prodotti sicuri: al fine di garantire qualità al consumatore, l’intera filiera del biologico è infatti sottoposta a controlli mediante un organismo certificante. Anche per questo il mondo biologico rientra appieno nella strategia europea “from farm to fork”.

Riassumendo, quando si acquista un prodotto da allevamento biologico, possiamo esser certi di stare acquistando qualcosa che deriva da un processo regolamentato, che prevede un’attenzione specifica al benessere degli animali ed all’impatto ambientale, cosa che invece occorrerà verificare caso per caso quando si acquista un prodotto da allevamento non biologico. 

Leggi anche: Metodi di produzione agricola a confronto: biologico vs naturale


[1] Il numero si ottiene con un calcolo basato sulle deiezioni per tipologia di animale allevato, ed il limite massimo è fissato in termini di kg di azoto per anno/ettaro (170).