Negli ultimi anni abbiamo rivolto la nostra attenzione su alcuni alimenti che ci sono stati indicati come particolarmente speciali e nutrienti: i superfood. Alcuni celebri esempi sono le bacche di goji, il mirtillo e il cavolo nero, ma ce ne sono molti altri. L’idea che ci siano alimenti particolarmente speciali è senza dubbio affascinante, così come il fatto che ogni anno ne vengano “scoperti” di nuovi.
Oggi si parla di:

  • superfood;
  • superfruit;
  • supergrain.

È possibile reperire online molte e diverse liste che elencano gli alimenti appartenenti a queste categorie. Se ne conoscete già alcuni, non è detto però che conosciate queste tre cose sui superfood…

1. I superfood non esistono

O meglio, “superfood” non è un termine scientifico. Infatti definire un alimento un “superfood” non ha valenza scientifica e non c’è una definizione tecnica sulle caratteristiche per le quali un cibo dovrebbe entrare a far parte della lista dei “super”.

Generalmente si tratta di cibi particolarmente densi di nutrienti come antiossidanti, vitamine, minerali o fibre. Non è facile però misurare scientificamente gli effetti positivi di questi alimenti in una dieta, soprattutto quando si trovano in prodotti processati.

Sul mercato si registrano invece delle vere e proprie impennate nelle vendite. Chi li acquista ritiene siano alimenti estremamente benefici per l’organismo e per questo è disposto a spendere di più rispetto a un prodotto della medesima categoria ma non “super”.

2. Il primo superfood era una banana

Il termine superfood ha infatti le sue radici nel mondo del marketing e non è nemmeno così nuovo. Nasce nei primi anni del ‘900 ed è legato a una campagna pubblicitaria che fece la “United Fruit Company”, la compagnia statunitense leader nelle importazione di banane dal Sud America.

L’obiettivo era quello di cambiare la percezione del frutto sul mercato americano. La banana, vista inizialmente come un frutto esotico e di lusso, con la massiccia crescita delle importazioni era diventata un prodotto molto accessibile e di minor valore.

La compagnia pubblicò così dei piccoli saggi come “The food value of banana”, attraverso i quali descrisse le eccellenti proprietà nutritive delle banane insieme ad alcuni studi medici dai quali emerse l’idea illusoria che una dieta ricca di banane avesse effetti benefici per curare la celiachia e ridurre il peso.

Le banane ebbero allora un enorme successo nel mercato statunitense e la United Fruit tradusse quegli studi in pubblicità di successo.

3. Il claim superfood non è accettato

Oggi non sarebbe possibile portare sul mercato una campagna pubblicitaria come quella della “United Fruit Company”. La European Food Safety Authority (EFSA), agenzia europea per la sicurezza alimentare che fornisce pareri scientifici riguardo alla sicurezza alimentare, non ha ammesso il termine “superfood”. Viene infatti considerato generalista ed è possibile utilizzarlo solo se specificato con un claim, tra quelli ammessi dall’EFSA, che definisca le caratteristiche benefiche dell’alimento.

Nonostante la legislazione, di superfood si continua a parlare molto e la loro fortuna sul mercato cresce e si sviluppa a ondate.

Nel 2017, ad esempio, lo zenzero ha registrato un boom di vendite, nel 2019 il latte di cocco, mentre nel 2020 le vendite di avocado sono cresciute del 115%.

Uno dei rischi legato a queste mode è quello di mettere sotto i riflettori alcuni alimenti oscurandone altri e dimenticando di considerare il valore che ha una dieta varia sul nostro benessere e sulla nostra salute.

Altro aspetto da considerare è che, come le banane della United Fruit, così molti degli alimenti considerati dei superfood sono importati e il loro largo consumo pone delle questioni di sostenibilità ambientale e sociale che non possono essere dimenticate.

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