Sempre più spesso ci si chiede se sia possibile fare una spesa plastic free, evitando packaging inutili e monouso, acquistando prodotti sfusi o riutilizzando lo stesso contenitore più volte con la tecnica, ad esempio, del vuoto a rendere.

Questo è possibile in alcuni negozi che propongono pasta, legumi e altri generi alimentari esclusivamente sfusi o con un packaging biodegradabile. Immaginando un futuro dove vi sia una maggiore attenzione da parte del produttore e del consumatore riguardo all’ambiente, proviamo a tornare indietro negli anni, quando, in effetti, quasi ogni cosa si comprava sfusa.Questo accadeva prima dell’avvento della grande distribuzione organizzata che ha rivoluzionato il modo di acquistare e cioè tra gli anni ‘50 e ‘60.

Nella vasta offerta dei supermercati nasce la competizione tra i prodotti, non c’è più solo il prodotto, ma c’è l’idea di brand, la pubblicità, e la comunicazione rivolta al consumatore si fa così soprattutto attraverso il packaging.Ma prima di tutto ciò, come si faceva la spesa?

Borsa di tela e borsa di vimini

La frutta e la verdura venivano acquistate dal fruttivendolo, dal quale si arrivava con una borsa generalmente di vimini o di tela o con una rete. Il fruttivendolo pesava i prodotti sfusi sulla bilancia e in seguito venivano li metteva direttamente nella borsa, senza incartarli.La stessa borsa utilizzata per la frutta veniva usata anche per il pane. Il fornaio spesso non adoperava il sacchetto di carta che conosciamo, ma semplicemente usava pesare il pane e consegnarlo a mano oppure avvolgerlo con una carta velina, la carta pane.

La carta da zucchero

La pasta si acquistava al negozio di alimentari dove si trovava sfusa in vasi di vetro oppure in cassetti nei quali erano divisi i diversi formati. Anche qui, dopo aver scelto il formato e la quantità da acquistare, la pasta veniva presa con una paletta, posta su carta, pesata e impacchettata con un foglio di carta azzurra. La carta azzurra è la carta da zucchero che veniva ottenuta da stracci e presentava quindi diverse impurità che venivano mascherate dalla colorazione azzurra.La carta da zucchero, che prende il nome appunto dal fatto che si usava per lo zucchero, è una carta utilizzata sin dal ‘700 per confezionare beni di lusso come zucchero e tabacco.

Carta paglia

Legumi, farine, riso si trovavano in grandi sacchi aperti, venivano presi con la sessola (paletta) di legno, pesati e impacchettati abilmente con la carta paglia, una carta di colore giallo ottenuta dalla macerazione della paglia. Questa carta era utilizzata moltissimo in campo alimentare, infatti veniva impiegata anche dai venditori di strada per fare i tipici cartocci da mangiare camminando. Oggi la vediamo ancora adoperata molto come carta per fritti.

La carta oleata

La carta oleata, trasparente, veniva utilizzata per cibi umidi o unti. Si trovava dal macellaio per incartare la carne oppure quando si acquistavano cibi lavorati come tonno o concentrato di pomodoro. Questi erano conservati nei negozi di alimentari in grandi scatole di latta per poi essere venduti anch’essi sfusi, avvolti appunto nella carta oleata. La marmellata, conservata in scatole di compensato, si presentava sotto forma di mattonelle compatte che venivano vendute avvolte nella stessa carta.

Bottiglie di latta

Per quanto riguarda i liquidi, era consuetudine portare un recipiente di latta o una bottiglia da casa. Quando si chiedeva dell’olio, ad esempio, questo veniva prelevato con un misurino di latta e travasato nel recipiente che il consumatore si portava da casa. Lo stesso valeva per il latte e per il vino.

Abitudini alimentari e sprechi

Rispetto alla spesa che oggi si fa in genere al supermercato, c’era poi una grande differenza nei comportamenti comuni che evitava vi fossero sprechi: questo dipendeva dalla frequenza giornaliera con cui si era soliti fare la spesa. Non si accumulavano così grandi quantità dello stesso prodotto, ma si acquistava il giusto che non doveva essere conservato a lungo, e in definitiva, anche per questo, non risultava necessario isolare gli alimenti con materiali diversi dalla carta. Va ricordato che i frigoriferi compaiono in Italia negli anni ‘40 nelle famiglie abbienti, e si diffondono solo dagli anni ’60, al tempo del boom industriale, nelle case dell’italiano medio. Prima del frigorifero, per tenere in fresco i cibi, si usava metterli fuori dalla finestra, in cantine fredde o nella ghiacciaia, un contenitore in cui si infilava del ghiaccio.

Oggi a molti di noi risulta difficile pensare di andare a fare la spesa ogni giorno e non avere una dispensa o il frigorifero e il congelatore forniti di alimenti a lunga conservazione e la funzione del packaging (e di imballaggi come la plastica) è sicuramente anche tecnologica perchè permette di conservare in sicurezza gli alimenti, mantenerne le caratteristiche ed estenderne la vita.Tuttavia spesso questi prodotti, acquistati in quantità o in offerta a prezzi bassi, non vengono visti dal consumatore come prodotti di valore e in definitiva non sempre a consumati, e il valore del cibo è sicuramente una grande differenza rispetto al passato. Infatti riguardo allo spreco alimentare, i dati ci dicono che molti degli sprechi alimentari nel mondo occidentale avvengono proprio nelle nostre case.

Guardando insieme al futuro e al passato, si avvicina sempre più concretamente la possibilità di raggiungere un sistema dove, se da una parte la plastica potrà lasciare spazio a nuovi materiali più tecnologicamente avanzati e di conseguenza più sostenibili, dall’altra potremo tornare allo sfuso per tutti quei prodotti che lo consentono.Non devono, però, essere tralasciate le abitudini dei consumatori anche post acquisto, poiché con i loro comportamenti e le loro scelte possono ridurre i propri rifiuti, da quelli materiali a quelli alimentari. Alcune abitudini del passato potrebbero infatti essere riacquisite da noi consumatori come primo passo verso un futuro più sostenibile.

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