Oggi 18 giugno si celebra la Giornata Internazionale del Sushi, la pietanza nipponica più conosciuta al mondo, dalle origini antichissime, che si presta a innovative ed originalissime commistioni con altre culture. Nella sua formula tradizionale parliamo di pochi e semplicissimi ingredienti: riso, pesce e alga nori, il tutto accompagnato da salsa di soia e wasabi. In Italia (chi l’avrebbe mai detto?) è il terzo cibo più ordinato a domicilio: annovera tantissimi estimatori, di tutte le età, i cosiddetti sushi lovers. Vi interessa conoscere qualche fun facts legata al sushi? Beh leggete un po’ qui…

California Rolls, we’re unforgettable

Los Angeles, 1970. La cucina giapponese sbarca in America ed è esattamente qui che nascono i famosi uramaki: una varietà di maki-zushi (per intenderci, quelli che comunemente definiamo roll) preparati invertendo la posizione degli ingredienti e ottenendo così un maki con alga nori all’interno e riso all’esterno. Ma perché invertire l’ordine nella composizione? Semplice, per andare incontro ai nuovi consumatori americani, tradizionalmente non abituati a consumare pietanze contenenti alghe.

Gli chef giapponesi espatriati decisero di apportare non solo qualche modifica nell’assemblaggio degli ingredienti, ma anche negli stessi ingredienti impiegati: sostituirono così il pesce crudo con quello bollito o marinato ed aggiunsero avocado e la tanto amata salsa maionese, a completamento del piatto. Il risultato fu il California-Maki, l’unico maki “made in USA” che possiamo trovare anche in Giappone!

Sushi Salmon e lo zampino della Norvegia

La storia del sushi è millenaria, ma non quella del sushi al salmone. Tutto ebbe inizio nel 1985, quando la Norvegia si trovò a dover risolvere un problema piuttosto importante: la sovrapproduzione di salmone. Il Governo decise di destinare l’eccesso di pesce ai Giapponesi, pensando potessero essere favorevolmente interessati all’acquisto di un’ingente partita di pesce.

In realtà, il salmone non veniva molto apprezzato nella cucina tipica giapponese: l’odore particolare ed il sapore neutro non lo rendevano di certo gradito come i più diffusi tonno, anguilla o polpo. Gli anni trascorsero velocemente ed il governo norvegese, ancora privo di un accordo commerciale, era oramai certo di doversi rassegnare.

Finalmente, dopo dieci lunghi anni, giunse la tanto auspicata svolta: l’incaricato alle trattative decise di rivolgersi ad una importante società giapponese, che accettò di acquistare un ingente carico di salmone ad un prezzo molto competitivo. Unica condizione? Vendere il salmone nei negozi alimentari come sushi: in questo modo, il salmone sarebbe stato più favorevolmente accolto dai consumatori, spesso preoccupati dalla problematica delle parassitosi. Fortunatamente, l’idea fu vincente e da allora il salmone entrò in maniera piuttosto massiccia all’interno della cultura culinaria giapponese.

Nonostante ciò, nei ristoranti più prestigiosi di Tokyo è quasi impossibile trovare il sushi sake a menù, perché ancora oggi si continua a preferire il pesce fresco locale.

Basashi: il sashimi (che diventa sushi) di carne di cavallo

Quando pensiamo al sushi, è facile immaginarsi una pietanza nata dal connubio del riso col pesce crudo. Ma chi ha detto che si debba parlare solo di pesce crudo? E se parlassimo di carne cruda? Beh, la risposta sarebbe: basashi! Il basashi è una sottilissima carne cruda di cavallo tagliata a fettine e generalmente consumata come il sashimi di pesce. Alcuni ristoranti, dalla visione sicuramente più moderna, ne hanno visto un ottimo ingrediente capace di innovare la tradizionale idea di sushi: infatti, il basashi può essere servito direttamente sopra il riso (come un classico nigiri) e condito con aceto, sale e zucchero. Al palato, un’esplosione di sapori del tutto autentici, c’è da starne certi!

Kaiten – Zushi: quando il sushi divenne “fast food

Immagina di essere nella stazione di Kyoto. Hai un importante impegno di lavoro e la tua vita scorre frenetica, esattamente come quei treni che vedi passare di fronte a te, in perfetto orario, con una cadenza di 3 minuti. Ma è anche ora di pranzo e non ci vedi più dalla fame. La soluzione? Entrare nel kaiten-zushi presente all’interno della stazione e consumare un’ottima selezione di sushi, servita su piattini coloratissimi posizionati proprio su quel nastro trasportatore che corre lungo il bancone, dove siedono i clienti.

Il primo ad offrire ai suoi commensali la possibilità di consumare sushi in formato “fast food” fu il ristoratore giapponese Shirahishi. L’intento di abbassare i prezzi e rendere accessibile a chiunque un buon piatto di sushi, lo spinsero a inventare il primo kaiten-zushi, letteralmente “sushi girevole”, attorno alla metà del secolo scorso.

Come funziona? È il commensale a scegliere cosa consumare: la scelta può ricadere su tutti i piattini di sushi che si desiderano e che vediamo scorrere lungo il nastro. I piattini colorati sono diversissimi tra loro e ad ognuno viene associato un costo: in questo modo lo stesso commensale può scegliere cosa consumare, anche secondo le proprie disponibilità. Tradizionalmente il pasto viene accompagnato da una generosa tazza di tè verde, un vero e proprio must, oppure da una classica birra giapponese, più leggera rispetto la nostra birra occidentale.

La formula kaiten-zushi fu comunque un successo e cambiò per sempre il destino non solo del sig. Shirahishi, che, ben presto, aprì più di 250 ristoranti simili in tutto il Giappone, ma anche del sushi, consacrandolo a piatto simbolo della cucina nipponica.

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